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Pomarancio        

 

 

UN' OPERA DEL POMARANCIO NELLA COLLEGIATA DI UMBERTIDE

Pietro Vispi - Daniel Estivill

 Sulla vita e le opere di Nicolò Circignani detto il Pomarancio, le notizie sono scarse e poco illuminanti.1. Tale povertà non aiuta la conoscenza di come questo pittore si inserisca nella produzione tardomanieristica. Un contributo che dia un piccolo barlume in più potrebbe essere la riscoperta di una tela sconosciuta, perchè dimenticata, nella chiesa Collegiata di Umbertide.

L'attribuzione del quadro è assolutamente indiscutibile dal momento che è chiaramente leggibile la firma dell' autore stesso e l'anno di composizione, nella sezione inferiore del dipinto: Nicolaus/Circigiani Poa/ Arancio Piget - A.D. MDLXXVIII.

Da un documento dell' Archivio Comunale della stessa città, risulta che quest' opera si trovava in anticipo presso il Monastero di Montecorona. Ciò è verificato da un inventario delle opere esistenti nelle chiese e collegiate soppresse della provincia di Perugia, presente alla Biblioteca Augusta di questa città;.2. è da presumere, allora, che quel monastero sia stato il committente della tela stando almeno ad alcuni dati iconografici molto palesi, come più avanti sarà chiarito. Dallo stesso documento è certo che nel 1870 il quadro era già nel tamburo della cupola della sopraddetta collegiata.3. Nulla si sa però delle vicende che hanno portato quest' opera nel luogo dove ora essa è conservata. Peraltro, nè il catalogo generale della produzione del Pomarancio, riportato dal Venturi, nè le notizie della Rivista Rassegna d' Arte Umbra, indicano o descrivono la tela se non fecendone un vago ed inilluminante accenno 4, quando invece risultano prodighe per un' altra composizione del medesimo pittore conservata, sempre in Umbertide, nella Chiesa di San Francesco.

Dal punto di vista iconografico il dipinto si sviluppa secondo un asse di simmetria centrale sul quale è stata rappresentata, nella parte superiore, la scena della Transfigurazione, e in quella inferiore, il calice e l' ostia, simboli del Mistero Eucaristico, presentati da due putti attorniati da quattro santi in piedi. Il settore superiore della composizione è stato strutturato secondo uno schema iconografico di chiara ispirazione raffaellesca. Infatti, la figura del Cristo, a braccia aperte ed arto inferiore destro leggermente flesso nel movimento dell' ascendere, campeggia candidissima in un nimbo di luce cangiante che si espande intorno a forma di mandorla. A destra e a sinistra, inginocchiati su nubi meno luminose, appaiono le figure del racconto evangelico, cioè Mosè ed Elia. La triade è delimitata in basso da una cortina di nuvole quasi semicircolare. Più sotto, su un piano con una forte prospettiva a punto di fuga centrale, verso un monte che scompare tra le nubi, si vedono le immagini degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, che nella contorsione dei corpi esprimono la sconvolta ammirazione del miracolo. In primo piano, occupando il settore inferiore e davanti a un gradino 5 simile a quello di un altare, si vedono al centro un calice e un' ostia. Nel contesto figurativo di tutta la composizione, quesri elementi diventano un chiaro simbolo del Sacrificio Eucaristico della Santa Messa, dove ha luogo un altro miracolo simile a quello rappresentato sopra, e cioè la transustanziazione. I due angeli e i quattro santi, che completano la zona inferiore, appaiono disposti secondo un rigoroso ordine simmetrico rispetto all' elemento centrale. Tra le figure dei santi sono certamente individuabili San Benedetto Abate, con regola e pastorale, e San Romualdo che sorregge la montagna con l' eremo di Montecorona e le costituzioni del cenobio, San Savino eremita.

Quest brevissima notizia si prefigge di riportare alla luce quella che potrebbe essere una delle migliori composizioni del Circignani e che è risultata completamente sconosciuta fino ad ora, auspicando che uno studio più profondo chiarifichi meglio l' importanza della tela, e solleciti un radicale restauro. Questo in ordine alla catalogazione dell' opera, così come ad una sua sistemazione che ne permetta l' adeguato godimento.

 

IL POMARANCIO A UMBERTIDE: IPOTESI SULL' ATTRIBUZIONE DI UNA TELA

Pietro Vispi - Daniel Estivill

 Oltre alle due opere di Nicolò Circignani, detto il Pomarancio 1, che si conoscono ad Umbertide 2, riteniamo sia da aggiungere alla produzione artistica di questo pittore manierista, una terza opera che ci sembrerebbe attribuibile alla sua stessa mano e frutto del suo soggiorno nella città umbra. Intendiamo parlare di una tela, attualmente esistente nella piccola Chiesa Parrocchiale della frazione di Romeggio, e collocata come pala d' altare nel braccio destro del transetto. Nonostante il decadente stato di conservazione, e pur non essendo possibile individuare la firma di questo artista, un' analisi della storia materiale e formale dell' opera consente, come cercheremo di rendere evidente più avanti, una, per noi, sicura attribuzione al Pomarancio.

L' opera in questione è un dipinto a olio eseguito su una tela a "spina di pesce" che misura m. 1,83 x 1,26. L' artefatto, inserito in una cornice fissa di stucco, è costituito di due elementi: una tela stesa su supporto ligneo non originale e da un rozzo "passe-partout" sempre in legno. L' attuale collocazione, ha in un certo senso "violentato" l' opera; infatti la tela molto probabilmente ha subito una riduzione perimetrale che potrebbe aver fatto scomparire (sul risvolto non visibile del nuovo telaio) la firma, generalmente sempre apposta dall' autore. La superficie del quadro, quantunque coperta da una patina secolare, presentandosi sporca di schizzi di calce, gore di umidità e con notevoli distacchi di fondo e di colore, si propone generosamente alla lettura iconografica della rappresentazione.

La composizione è simmetrica e costruita su una serie di triangoli, dei quali il più appariscente è quello definito dalle figure dei personaggi rappresentati. Nel piano di fondo, in alto, al vertice del detto triangolo, compare la Madonna, con abiti dai classici colori rosso e blu, assisa su un nuvolone mentre sorregge sul ginocchio il Bambino che nella mano sinistra porta un glogo imperiale. La Vergine, a sua volta, anch' essa con la mano sinistra, trattiene un libro chiuso. In primo piano è posta da un lato la figura di San Pietro, in piedi, con manto giallo e abito verde-azzurro, chiavi e libro in mano, che fronteggi la figura di un pontefice sul lato opposto. Questi, ammantato di piviale e tiara, rivolge lo sguardo ai personaggi del piano di fondo. Nel terzo inferiore del quadro si profila all' orizzonte un paesaggio urbano non ben definito, che potrebbe anche rappresentare la città per la quale l' opera fu compiuta. Al centro e più in basso, quasi a livello dei piedi, compare chiaramente la seguente scritta: - CON.s. S.D.F. a FIE.F1577 -.

Ci sono sembrate immediatamente evidenti delle consonanze formali tra il quadro sopra descritto ed altri due conservati ad Umbertide firmati e datati dal Pomarancio: La Vergine in gloria e santi e la Trasfigurazione. Il primo punto di contatto è quello del dato anatomico: sia le due tele certe che il quadro in oggetto presentano uno sviluppo longitudinale delle figure caratteristico di questo pittore e certamente non rispondente ai canoni classici. Poi, torna anche in questa pittura l' uso di una nube, quasi "solidificata", come elemento di divisione tra i piani superiore ed inferiore della composizione. Tale ricorso figurativo si presenta tanto nei due quadri sopra citati come anche nella conosciuta Annunciazione di Città di Castello, e questo con la stessa pesantezza e corposità. Ulteriore artificio che si ripropone costantemente nel Pomarancio è l' adoperare il triangolo come schema compositivo. Consonanze sono ancora riscontrabili nella cromaticità della tavolozza, nell' uso della luce, nell' assenza di ombre proiettate che provoca un certo "appiattimento" delle figure 3.

Se si considera poi la data di realizzazione (1577), questa coincide perfettamente con il periodo nel quale il Pomarancio era presente ad Umbertide e dipingeva, nello stesso anno la pala di San Francesco e nel successivo la Trasfigurazione della Collegiata. La scritta che secondo noi andrebbe interpretata come: "CON(ventus)s S(ancti) F(rancisci) D(e) F(ract)a FIE(ri) F(ecit) 1577", indica chiaramente il committente, quel medesimo convento, per il quale proprio nel 1577 (4) il Circignani dipingeva la pala con la Vergine e Santi. Questa iscrizione, tra l' altro, indicherebbe il luogo di provenienza del quadro che, solo in epoca posteriore alla sua realizzazione sarebbe giunto a Romeggio, la cui primitiva chiesa era dedicata a San Pietro (5).

Da quanto detto, e cioè, i dati storici evincibili dalla scritta e dalla datazione dell' opera, gli elementi emergenti dall' analisi formale e stilistica della medesima, possiamo dunque supporre una possibile attribuzione a Nicolò Circignani, detto il Pomarancio.

Non vogliamo addentrarci in uno studio interpretativo della simbologia che sembra emergere dal dipinto, tuttavia non si può tacere che questo accenni a problematiche ecclesiali (Chiesa docente-Primato di Pietro-Apostolicità) che segnano la vita sociale e culturale del secondo cinquecento.

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Aggiornato il: 06 marzo 2002